La norma di riferimento volta a regolamentare in modo organico il settore dei buoni pasto è il Decreto 122 del 2017 del Ministero dello Sviluppo Economico, emanato in attuazione dell’art. 144 del D.lgs. 50/2016 (Codice degli Appalti) e in vigore dal 9 settembre 2017.

Il Decreto conferma la definizione di buono pasto come servizio sostitutivo di mensa aziendale che prevede le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo (articolo 2). Le due precedenti norme di riferimento (d.P.C.M. 18 novembre 2005 e D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, art. 285) avevano infatti già consolidato la natura di single purpose voucher del buono pasto, ossia di un documento che garantisce il godimento di una sola prestazione, il servizio sostitutivo di mensa, secondo l’articolo 2002 del codice civile. Da ciò discendono due conseguenze:

  • Il buono pasto non si configura in nessun modo come uno strumento di pagamento.
  • All’interno delle soglie di esenzione, il buono pasto non è considerato reddito da lavoro.

Il Decreto 122/2017, «al fine di garantire la libera ed effettiva concorrenza nel settore, l’equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici, ed un efficiente servizio ai consumatori» (articolo 1), individua:

  • gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa: oltre a bar e ristoranti, a mense aziendali ed interaziendali, a gastronomie, rosticcerie e grande distribuzione organizzata, i buoni pasto posso essere utilizzati anche presso mercati, locali di vendita gestiti da coltivatori diretti o spacci adiacenti alle industrie di produzione alimenti, gli agriturismi e gli ittiturismi (articolo 3).
  • le caratteristiche del buono pasto: consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto; consentono all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione; sono utilizzati esclusivamente dai lavoratori anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto; non sono cedibili, ne’ cumulabili oltre il limite di otto buoni, ne’ commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare (articolo 4),
  • il contenuto degli accordi tra società emettitrici ed esercenti: tali accordi devono contenere la durata del contratto, le condizioni economiche e non, il termine del preavviso per l’eventuale rinegoziazione o la disdetta; le clausole di utilizzabilità del buono pasto; l’indicazione dello sconto incondizionato riconosciuto alla società emittente dai titolari degli esercizi convenzionati; l’indicazione del termine di pagamento che la società emittente è tenuta a rispettare nei confronti degli esercizi convenzionati (articolo 5),

Dopo la Riforma del 2017, la normativa relativa al buono pasto soffre ancora di alcune criticità.

Innanzitutto, è ancora viva la più vistosa anomalia legislativa italiana: il mercato pubblico e quello privato sono entrambi regolati da una decretazione sugli appalti pubblici, poiché anche il Decreto 7 giugno 2017, n. 122 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico e recante disposizioni in materia di servizi sostitutivi di mensa, ha la sua origine in una delega contenuta nel comma 5 del citato articolo 144 del Codice degli Appalti.

Un improvvido emendamento al Codice degli appalti pubblici (art. 90 5 maggio 2017) ha comportato una modifica sostanziale dei criteri di valutazione delle offerte in sede di gara: il ribasso sul valore nominale non può mai essere inferiore allo sconto incondizionato richiesto agli esercenti. Proprio da questo cavillo si pongono le basi per un uso sconsiderato dello sconto che può cadere totalmente sugli esercizi convenzionati, come il fallimento di Qui Group ha insegnato.

Pendono poi sul mercato dei buoni pasto altri due dispositivi normativi alquanto dubbi.

L’articolo 5 della legge 19 giugno 2019, n. 56 (c.d. Decreto Concretezza) prevede che gli accordi tra le società emettitrici e i titolari degli esercizi convenzionabili siano garantiti da una fideiussione, configurando l’assoluta originalità di una fidejussione a garanzia di fornitori che sono soggetti imprenditoriali.

Nel decreto legge 16 luglio 2020 n. 76 una nuova correzione alla normativa sui buoni pasto presente nel Codice degli Appalti introduce un richiamo al c.d. “POS unico”, teso a garantire agli esercizi convenzionati un unico terminale di pagamento per l’accettazione di buoni pasto elettronici. L’attuazione di tale disposizione, ancora in fieri, dovrà tenere in considerazione la natura di «documento di legittimazione» (e non di strumento di pagamento) del buono pasto, al fine di evitare che frettolose decisioni su modalità e schemi di interoperabilità riconducibili a servizi finanziari producano distorsioni di sistema e costi supplementari per gli emettitori e gli esercenti.