PER GLI UTILIZZATORI

Sì, ma in ogni caso non è possibile avere un resto in denaro. Nel caso invece di utilizzo per acquisti di importi superiori al valore facciale, l’utilizzatore deve corrispondere in denaro la quota parte superiore al valore del buono.

I buoni pasto sono validi solo in Italia e su tutto il territorio nazionale. Eventuali limitazioni geografiche devono essere indicate chiaramente sul fronte del buono pasto stesso.

Sì, esclusivamente da parte di prestatori di lavoro subordinato o collaboratori durante la giornata lavorativa. In pratica, quindi, da persone che effettuano turni di lavoro. Stesso discorso si applica all’orario post-pomeridiano; non vi sono infatti limiti dal punto di vista temporale all’utilizzo del buono, purché sia utilizzato nell’ambito della giornata lavorativa.

No, l’erogazione del buono pasto è direttamente collegata all’attività lavorativa; tuttavia, non è requisito necessario, ai fini dell’attribuzione del titolo, la permanenza presso la struttura di lavoro abituale; di conseguenza il buono pasto è legittimamente erogato nelle ipotesi di trasferte del dipendente o collaboratore somministrato.

No. Ai sensi dell’art. 2 del DPCM 18 novembre 2005, il buono pasto è un documento di legittimazione che consente al possessore il diritto di ottenere dagli esercizi convenzionati la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, con esclusione di qualsiasi prestazione in denaro. Il buono pasto, inoltre, non è cumulabile, cedibile, commercializzabile e convertibile in denaro; infatti può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dall’utilizzatore.

Si, la scelta sui soggetti cui erogare i buoni pasto ricade esclusivamente sul datore di lavoro, che finanzia interamente il costo degli stessi.

PER LE AZIENDE CONVENZIONATE

La scadenza del buono pasto è chiaramente indicata sul fronte dello stesso da parte di tutti i principali emettitori. Ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. e) del DPCM 18 novembre 2005, le società emettitrici hanno l’obbligo di garantire il pagamento al convenzionato entro un termine non inferiore a sei mesi dalla data di scadenza del buono pasto.

I requisiti necessari per l’erogazione dei servizi sostitutivi di mensa sono:

  • Gli esercizi di cui alla legge n. 287/91 che effettuano somministrazione di alimenti e bevande, nonché quelli previsti da eventuali leggi regionali.
  • Le mense aziendali e interaziendali.
  • Le rosticcerie e le gastronomie artigianali i cui titolari siano iscritti all’albo previsto dalla legge n. 443/1985 (art. 5 comma 1).

Mediante la sottoscrizione di apposito contratto di convenzione, solitamente predisposto dalla società emettritrice che, obbligatoriamente, deve essere formulato in forma scritta e deve contenere:

  • Indicazione dei termini di pagamento
  • Durata, condizioni e termine di preavviso per eventuale rinegoziazione o disdetta
  • Informazioni sull’utilizzabilità del buono pasto (validità e limiti)
  • Commissione applicata dalla società di emissione sui pagamenti ai ristoratori.
  • Indicazione termine entro il quale l’esercizio può richiedere il pagamento delle prestazioni effettuate

Sì, il buono pasto costituisce il documento che consente all’affiliato di provare l’avvenuta prestazione del servizio di somministrazione nei confronti delle società emettritrici. Infatti, sulla base del conteggio dei buoni consegnati alle stesse società di emissione, sarà riconosciuto il corrispettivo spettante al convenzionato, dietro regolare presentazione di fattura a cura di quest’ultimo.

PER I DATORI DI LAVORO

Su tale aspetto, il DPCM, non prescrive particolari obblighi a carico delle società emittenti. Tuttavia la prassi dimostra che i titoli scaduti e non utilizzati sono di norma rimborsabili entro il termine pattuito tra le parti (generalmente predeterminato e inserito nel contratto standard dalle società emettritrici).

No, tuttavia erogare ai lavoratori i buoni pasto genera vantaggi sia al datore di lavoro che ai somministrati. Infatti, non concorrendo il titolo di legittimazione a formare reddito da lavoro, sino alla soglia giornaliera di 5,29 euro, non è previsto il versamento di imposte e contributi previdenziali entro tale limite.
Alternativamente, la scelta di corrispondere un’indennità di mensa avrebbe come conseguenza la necessaria esposizione del datore di lavoro e del lavoratore a tutti gli oneri fiscali previsti dalla legge.

Si. Oltre la soglia di 5,29 euro, tuttavia, sia il datore che il somministrato sarà soggetto a tassazione.
Considerato, tale limite, insufficiente a garantire un pasto completo all’utilizzatore, l’Anseb, ritiene necessario un adeguamento del plafond giornaliero, sulla base di un’evidente sproporzione tra il valore esente da oneri fiscali e il costo della vita.

L’impresa che opta per la somministrazione di buoni pasto ai propri dipendenti e/o collaboratori ha la possibilità di acquistarli dalle società emettritrici operanti nel mercato. Nei contratti di somministrazione, sono stabilite le condizioni di vendita, in particolare i termini di pagamento, gli eventuali sconti concessi all’impresa cliente e le condizioni per effettuare il rimborso o la sostituzione dei buoni scaduti e non utilizzati.

Si, in mancanza di disposizioni normative che impongono criteri prestabiliti nell’erogazione dei buoni pasto, il datore di lavoro può decidere di attribuire gli stessi a determinate categorie di dipendenti, o comunque per importi giornalieri di diverso ammontare.